Ho sempre pensato che l’arte sia l’unico luogo in cui si è veramente liberi. Questo pensiero mi accompagna da quando i miei genitori nel 1974 inaugurarono a Napoli una galleria di arte contemporanea, lo Studio Trisorio, e “strane cose” entrarono a far parte della mia vita. Non tutto era comprensibile ma proprio questa inafferrabilità ha incentivato in me il desiderio di approfondire e di capire il significato e il senso profondo delle cose. Queste circostanze mi hanno dato il privilegio di avere sulla vita uno sguardo sempre aperto e meravigliato, mi hanno insegnato a non avere pregiudizi, ad avere rispetto degli altri, ad essere una persona “libera”.
“Già qualche anno prima di aprire la galleria, nel 1970, Pasquale era venuto a conoscenza che la Fondazione Ignazio Cerio di Capri cercava una destinazione da dare a Villa Orlandi, una bellissima costruzione di fine Settecento al centro di Anacapri, da diversi anni in stato di completo abbandono… I più noti esponenti dell’arte contemporanea di allora sono passati da Villa Orlandi. Il primo fu Cy Twombly, poi Joseph Beuys. Seguirono Mario Merz, Jannis Kounellis, Pier Paolo Calzolari, Angela e Mimmo Jodice… per citarne solo alcuni. E poi ancora direttori di musei, galleristi, attori, registi e tanti, tanti amici”.
Con queste parole inizia il racconto di mia madre su Villa Orlandi, raccolto in un libro sui 45 anni di storia dello Studio Trisorio che sarà pubblicato nei prossimi mesi.
Dunque, tra il 1970 e il 1990, grazie all’entusiasmo e all’impegno di Lucia e Pasquale Trisorio, Villa Orlandi è stata residenza di artisti di fama internazionale nonché fucina della cultura artistica emergente in quegli anni.
Proprio ad alcuni degli artisti che hanno soggiornato a Villa Orlandi e che sono stati così significativi nel panorama artistico contemporaneo, sono dedicati gran parte degli articoli di questa rivista.
Ognuno di loro ha avuto un approccio diverso nel modo di fare arte.
Kounellis ha rifiutato ben presto le tecniche tradizionali della pittura utilizzando come mezzo espressivo la performance e materiali di uso comune come il carbone, il ferro o i sacchi di iuta. Per Twombly, invece, la spontaneità del gesto è stata alla base di tutta la sua produzione pittorica. Pier Paolo Calzolari, come Kounellis, ha partecipato al movimento dell’Arte Povera, senza mai abbandonare la ricerca sulla pittura, come testimonia la splendida mostra che è in corso al Museo Madre di Napoli fino al 30 settembre 2019.
Diversamente, altri artisti raccontano la realtà attraverso l’obiettivo fotografico, ognuno con la sua visione personale.
Di Mimmo Jodice, amico di una vita, è qui sottolineato l’aspetto più poetico e intimo. Jodice con un unico sguardo riesce a cogliere la bellezza e la poesia della vita ma anche l’inquietudine e il suo lato oscuro. Martin Parr esplora invece in modo ironico e colorato la società contemporanea e le sue abitudini di vita, mettendo in evidenza il lato grottesco di alcuni comportamenti sociali.
Raffaela Mariniello si occupa di tematiche sociali e culturali indagando il paesaggio urbano e postindustriale. La sua ricerca si estende alle trasformazioni dei centri storici italiani oramai contaminati dal turismo di massa.
In alcuni casi si evidenziano opposizioni e differenze di visioni e di linguaggi, come nel caso di Francesco Arena e Massimo Latte. Le opere di Arena sono spesso la traduzione in sculture o performance di misure e date significative legate a vicende sociali, politiche e letterarie, mentre Massimo Latte tratta il colore come materia pura e il gesto pittorico “è agito come segno puro, primordiale, sottratto alla tirannia della rappresentazione e alla stretta morsa del significato”.
Il lavoro dei Fratelli Campana e di Olafur Eliasson, invece, pone l’attenzione su tematiche etiche, sociali e ambientali fondamentali, consentendo così di riallacciare il filo del discorso con Joseph Beuys, precursore del movimento dei Verdi in Germania e uno dei più rappresentativi e discussi protagonisti dell’arte concettuale della seconda metà del Novecento. Beuys fonde in maniera totale la sua esistenza con il suo essere artista e le sue azioni concettuali, installazioni e performance diventano un impegno etico, didattico e politico.
Con La rivoluzione siamo Noi del 1971, che lo ritrae nel viale d’ingresso di Villa Orlandi, Beuys ci suggerisce la strada per l’autodeterminazione.
Alla sua energia, alla sua visione dell’arte e della vita, si sono ispirati Mario Martone e Ippolita di Majo per il film Capri-Revolution. È stato interessante approfondire con Ippolita di Majo alcune suggestioni del film, dall’utopia rivoluzionaria di Karl Diefenbach e Joseph Beuys alle avanguardie artistiche degli anni Settanta.
A questo editoriale segue “Villa Orlandi, un ricordo” scritto da Bruno Fiorentino che ci racconta in maniera poetica e perfetta l’atmosfera che si respirava in quegli anni ferventi e la sensazione di intima gioia di cui era intrisa l’aria.
A quest’atmosfera, a Villa Orlandi, è dedicato il lavoro di Francesco Vaccaro, artista attento ai dettagli, ai frammenti, ai segni. Li nota, li custodisce, li dispone, ne fa opere contemporanee.
I always thought that art was the only place where you could be truly free. This thought has been following me ever since my parents founded in 1974, a contemporary art gallery in Naples, Studio Trisorio, and “strange things” started being part of my life. Not everything was comprehensible but exactly this elusiveness encouraged inside me the desire to study and learn the meaning and the profound significance of things. These circumstances gave me the privilege of having an open and surprised view on life, they thought me not to have any prejudices, to respect other people, to be a “free” person.
“Some years before we opened the gallery, in 1970, Pasquale came to know that the Ignazio Cerio Foundation of Capri was thinking on a purpose for Villa Orlandi, a beautiful building from the late eighteenth century, in the middle of Anacapri, that for years had remained abbandoned… The most famous figures of the contemporary art of the time passed by Villa Orlandi. The first was Cy Twombly, then Joseph Beuys. They were followed by Mario Merz, Jannis Kounellis, Pier Paolo Calzolari, Angela and Mimmo Jodice… just to name a few. And, museum curators, gallerists, actors, directors and many, many friends”.
It is with these words that my mother’s tale of Villa Orlandi begins, included in a book about Studio Trisorio’s forty-five years-long history, that will be published in the next months.
So, between 1970 and 1990, thanks to the passion and commitment of Lucia and Pasquale Trisorio, Villa Orlandi became the home of world-famous artists, as well as the forge of the emerging artistic culture of those years.
It is exactly to some of the artists who lived in Villa Orlandi and were so important in the contemporary art landscape, that we have dedicated most of the articles in this magazine.
Each one of them had a different approach in their way of making art.
Kounellis very quickly renounced the traditional painting techniques, using as expressive means the performance and daily materials such as coal, iron or jute sacks. For Twombly, instead, the spontaneity of the gesture was at the basis of all his painting production. Pier Paolo Calzolari, just like Kounellis, followed the Arte Povera movement, without ever abandoning painting, as evidenced by the ongoing beautiful exhibition at the Madre Museum of Naples, until September 30th, 2019.
Differently, other artist told reality through the photographic lenses, each one with his personal vision.
Of Mimmo Jodice, a lifelong friend, it is here underlined the more poetic and intimate trait. Jodice, with a single gaze, can catch the beauty and poetry of life but also its anxieties and its dark side. Martin Parr, instead, explores in an ironic and colorful way contemporary society and its life habits, underlining the grotesque side of certain social behaviors.
Raffaela Mariniello works on social and cultural themes, exploring the urban and postindustrial landscape. Her research extends to the transformation of the Italian historic centers nowadays contaminated by mass tourism.
In some cases, we underline the oppositions and differences in visions and languages, such as in the case of Francesco Arena and Massimo Latte. Arena’s works are often the translation in sculptures and performances of significative measures and dates linked to social, political and literary events, while Massimo Latte regards color as pure matter and the pictorial gesture “is acted as a pure, primordial sign, stolen from the tyranny of representation and from the tight grip of meaning”.
The works by the Campana Brothers and Olafur Eliasson, instead, focus the attention on important moral, social and environmental themes, a connection with Joseph Beuys, pioneer of the German Greens Movement and one of the most representative and discussed protagonist of the conceptual art of the second half of the twentieth century. Beuys completely merges his existence with his identity as artist and his conceptual action, installations and performances become an ethic, didactic and political commitment.
His 1971 La rivoluzione siamo Noi, that depicts him in the entrance of Villa Orlandi, Beuys suggests us the road for self-determination.
His energy, his vision on art and life, were an inspiration for Mario Martone and Ippolita di Majo in their movie Capri-Revolution. It was very interesting examining with Ippolita di Majo certain themes featured in the movie, from the revolutionary utopia of Karl Diefenbach and Joseph Beuys to the artistic avant-gardes of the seventies.
This editorial is followed by “Villa Orlandi, a memory” written by Bruno Fiorentino, that tells us in a perfectly poetic way the atmosphere that you could live during those restless years and the sensation of intimate happiness that lingered in the air.
To this atmosphere, to Villa Orlandi, is dedicated the work of Francesco Vaccaro, an artist very keen on details, fragments, signs. He notices, protects and organizes them, and from these details he creates contemporary works of art.
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